Rispondo alle interessanti osservazioni contenute in un articolo di critica al testo revisionato del Codice Deontologico.

Sull’Articolo 4, l’autore dell’articolo sostiene che:

Qui spariscono completamente i richiami alla dignità, all’autonomia, alla riservatezza, all’autodeterminazione! Sparisce l’esplicita ispirazione alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Non si dice più ‘Psicologhe e Psicologi NON discriminano; si preferisce piuttosto dire che psicologhe e psicologi rispettano le differenze e promuovono inclusività. Punto! E non è una semplice questione riassuntiva, non è neanche un modo per inglobare tutte le differenze individuali, è invece un rischioso cambio di paradigma.
A titolo esemplificativo, provate per un attimo a pensare quanto risulterebbe depotenziato l’art. 11 della Costituzione se anziché recitare “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…” si trasformasse in “L’Italia promuove la pace e la libertà degli altri popoli”.

Riporto per comodità il nuovo Articolo 4:

Articolo 4 – Principio del rispetto e della laicità

La psicologa e lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, forniscono all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le proprie prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza.
Riconoscono le differenze individuali, di genere e culturali, promuovono inclusività, rispettano opinioni e credenze e si astengono dall’imporre il proprio sistema di valori.
La psicologa e lo psicologo utilizzano metodi, tecniche e strumenti che salvaguardano tali principi e rifiutano la collaborazione ad iniziative lesive degli stessi.
Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui la psicologa e lo psicologo operano, questi ultimi devono esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui sono professionalmente tenuti.

Non mi pare scompaiano i richiami alla dignità, all’autonomia e alla riservatezza. Il nuovo Articolo 4 contiene tutto ciò che l’Autore ritiene sia sparito.
Sulla Costituzione. Secondo il ragionamento circolare dell’Autore, l’Articolo 1 della Costituzione da “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” dovrebbe diventare, per esprimere più incisivamente il concetto, “L’Italia è una Repubblica democratica che ripudia la disoccupazione”.

Sull’Articolo 21

Secondo l’Autore dell’articolo:

Capite bene che se ad oggi, con il Codice attualmente in vigore, arriva in Commissione Deontologica una segnalazione a carico di un collega psicologo, formatore di pedagogisti clinici o di qualche fantasioso coach, il rilascio di attestati, qualifiche o la semplice presentazione del corso come un qualcosa di propedeutico all’intervento su processi relazionali, emotivi, cognitivi, comportamentali, costituiscono la ‘pistola fumante’ per procedere a sanzionare il collega stesso.
Un domani invece, con il nuovo art.21, il collega in questione potrebbe cavarsela dicendo semplicemente che i suoi insegnamenti non sono affatto finalizzati a “precostituire esercizi abusivi della professione” e che magari gli attestati che rilascia servono semplicemente per abbellire le camerette dei suoi allievi.

Se un Collega dovesse difendersi per come sostiene l’Autore dell’articolo verrebbe ugualmente sanzionato perché, come sancito dal nuovo Articolo 21: “Costituisce aggravante il caso in cui l’insegnamento dei metodi, delle tecniche e degli strumenti specifici della professione psicologica abbia come obiettivo quello di precostituire possibili esercizi abusivi della professione”.

Il rilascio di un attestato precostituisce un possibile esercizio abusivo della professione. Prova a difenderti in Consiglio dell’Ordine o in Tribunale che gli attestati che rilasci servono semplicemente per abbellire le camerette dei tuoi allievi. Prova e poi fammi sapere.

Sull’Articolo 22.

L’Autore dell’articolo sostiene:

Si fa riferimento forse a quelle elaborate dal Sistema Nazionale Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità come previsto dalla 24/2017 “Legge Gelli-Bianco”? E se si fa riferimento a queste linee guida perché non specificarlo? Forse specificarlo avrebbe significato imbrigliare il Codice in una rete di disposizioni che possono essere soggette a frequenti modifiche? E allora perché infilarsi in un ginepraio quando alla fine abbiamo già un articolo che ci ricorda di non nuocere?

Secondo la proposta dell’Autore dell’articolo, dovremmo inserire allora numerosi altri riferimenti normativi nel nuovo Codice Deontologico. Ad esempio, perché non inserire nell’Articolo 13 che se il referto espone a procedimento penale la persona assistita, non vi è obbligo, appunto, di referto (ex art. 365 c.p.)?
Non possiamo inserire riferimenti normativi in un articolato del Codice Deontologico, altrimenti dovremmo chiamarlo “Codice di procedura deontologica”.

Per il resto, sulla critica del “taglia e incolla” pare un’osservazione sulla superficialità con la quale è stata scritta la bozza di revisione, mentre il “taglia e incolla” è stato applicato, in alcuni punti, per mantenere i concetti, ma rendendoli più ordinati.

Per quanto riguarda, infine, la dichiarazione di voto contrario alla revisione, mi sarei aspettato una bozza Altra di revisione degli articoli per fare la differenza tra la bozza della revisione approvata dall’intero CNOP (all’unanimità) e quella dell’Autore.
Ma tant’è.

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