L’Articolo 31 del Codice Deontologico degli psicologi recita:
Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela.Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.
Quindi, lo psicologo è obbligato, generalmente, ad acquisire il consenso informato preventivo da parte dei genitori (solitamente loro) per poter solo vedere il minore o, in ogni caso, iniziare la “prestazione professionale” (rectius “prestazione sanitaria”).
La domanda è molto semplice: come fa lo psicologo ad acquisire il consenso informato preventivo dai genitori senza vedere prima il figlio?
Di che consenso informato si tratterebbe? Consenso a cosa, a che genere di prestazione se lo psicologo non ha la possibilità di vedere, almeno una volta, il minorenne per rendersi conto dell’intervento necessario?
Consenso informato preventivo ad una consulenza psicologica?
Consenso informato preventivo ad una psicoterapia?
Allo stato attuale, lo psicologo acquisirebbe un consenso informato ad un generico trattamento sostanzialmente basandosi sulle informazioni fornite dai genitori.
Consenso informato preventivo acquisito a scatola chiusa.
Anche per questo motivo, l’Articolo 31 del C.D. Psicologi va urgentemente modificato.

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