Proposta modifica art. 31 Codice Deontologico Psicologi italiani
A cura di
Marco PingitorePsicologo-Psicoterapeuta
Gustavo SergioGià Presidente Tribunale per i minorenni di Napoli
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LEGGI LE DOMANDE E RISPOSTE
Alla luce di due importanti testi di legge, introdotti recentemente, riguardanti l’uno il c.d. “biotestamento”, l’altro il c.d. “DDL Lorenzin”, l’attuale articolo 31 del Codice Deontologico degli Psicologi italiani appare improvvisamente inadatto ad indicare il comportamento professionale da adottare nei casi in cui fossero coinvolte persone minorenni.
L’articolo 31 vigente recita:
Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.
Criticità
1. Prestazioni professionali
Questo è uno dei punti maggiormente spinosi dell’intero articolo. Si parla di “prestazioni professionali” lasciando intendere qualsiasi attività svolta dallo Psicologo con persone di minore età o interdette. Ciò significa che lo Psicologo debba acquisire preventivamente il “consenso” (rectius “consenso informato”) sempre e comunque, ad esempio, anche nel caso in cui dovesse svolgere una semplice attività di “orientamento scolastico”, soggetta ad IVA poiché non inquadrabile come prestazione sanitaria, seppur tale prestazione non integri certamente una compressione della libertà di autodeterminazione del soggetto passivo.
La recente approvazione del “Ddl Lorenzin” pone fine giustamente ad una vecchia querelle: lo Psicologo entra definitivamente a far parte delle professioni sanitarie per cui non è più possibile riferirsi a generiche “prestazioni professionali” in capo a persone minorenni/interdette bensì a “prestazioni sanitarie”.
Tuttavia, nonostante la sostituzione con il termine “sanitario”, l’art. 31 apparirebbe ancora non rispettoso della dignità e dei diritti della persona da assistere poiché lascerebbe ristretta la volontà della persona da considerare solo come soggetto passivo, non in grado di esprimere neppure una sua opinione sulla “prestazione sanitaria” a cui potrebbe essere sottoposto, ignorando del tutto la sua volontà.
Una recente sentenza della Cassazione (Cassazione Penale, sez. 5, sentenza n. 16678/16 – Pres. Fumo, Rel. Settembre) offre un orientamento chiaro ed inequivocabile in tema di intervento in ambito sanitario: “il presupposto indefettibile di ogni trattamento sanitario risiede nella scelta, libera e consapevole – salvo i casi di necessità e di incapacità di manifestare il proprio volere – della persona che a quel trattamento si sottopone, considerando la persona soggetto attivo e partecipe dei processi decisionali che lo riguardano per l’attuazione del diritto alla salute”.
Il principio appena esposto, condiviso dalla giurisprudenza di legittimità, pone la persona, minore o interdetta che sia, in una posizione centrale piuttosto che periferica nel processo decisionale. Pertanto, l’attuale articolo 31 non permetterebbe allo Psicologo di accedere alla persona (“prestazione professionale”) se non con un preventivo “consenso” da parte di soggetti terzi, mentre per garantire un effettivo diritto alla salute lo Psicologo dovrebbe poter incontrare almeno una volta la persona minorenne/interdetta così da fornirle tutte le informazioni e chiarimenti sull’eventuale “trattamento sanitario” da intraprendere, riuscendo ad acquisire, direttamente dall’interessato, il consenso o dissenso informato.
Attuale: “Prestazione professionale” (comportamento da adottare)
Lo Psicologo non può vedere la persona se non prima di aver acquisito il “consenso” da chi esercita la responsabilità genitoriale o la tutela.
Proposta: “Trattamento sanitario” (comportamento da adottare)
Lo Psicologo può incontrare il minore con il solo fine di acquisire il suo consenso/dissenso informato all’eventuale trattamento sanitario.
Sostituendo l’espressione “prestazione sanitaria” con “trattamento sanitario” non solo lo Psicologo verrebbe svincolato dal preventivo “consenso” indiretto del minore, ma si chiarirebbe, una volta per tutte, che il “consenso informato” è strettamente collegato e vincolante ad un ipotetico e futuro trattamento di natura sanitaria e non ad una generica “prestazione professionale”.
2. Consenso
Questa espressione dovrebbe essere integrata con “informato” poiché il solo termine “consenso” richiama ad una generica sorta di autorizzazione senza una preventiva informazione sul trattamento sanitario da eseguire. In ambito sanitario si parla di “consenso informato”.
3. Potestà genitoriale
In seguito al Decreto Legislativo n. 154/13, l’espressione “potestà genitoriale” cede il posto a “responsabilità genitoriale” per cui si passa dalla concezione del genitore che esercita il potere (potestà) sulla prole a quella del genitore “responsabile” in relazione ai diritti del figlio minorenne per la prima volta riconosciuti nel Codice civile (art. 315-bis), ponendo così al centro dell’attenzione il figlio e introducendo la nuova disciplina dell’ascolto del minore.
4. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale
Questo comma appare contenere ulteriori criticità che non considerano minimamente la volontà e la libertà individuale della persona sottoposta al pur generico “intervento professionale”. Inoltre, qualora lo Psicologo avviasse un intervento sanitario sulla persona in assenza di un consenso informato da parte di chi esercita la responsabilità genitoriale o la tutela, correrebbe il rischio di un successivo diniego da parte del Giudice Tutelare alla “relazione professionale” già instaurata che potrebbe comportare una sua responsabilità professionale di natura sanitaria.
5. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte
Sono i casi in cui lo Psicologo non è tenuto ad acquisire preventivamente il consenso informato, ad esempio, all’interno dei contesti peritali, in ambito civile e penale, nella presa in carico psicologica della persona minorenne/interdetta su ordine dell’Autorità Giudiziaria oppure nei casi di tutela sociale della maternità e di interruzione volontaria della gravidanza e di accesso al servizio pubblico per le tossicodipendenze o ad una struttura privata.
Appare pacifico ritenere questo comma quanto meno superfluo e ridondante, rispetto al dettato costituzionale che qualifica la salute come “fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività” (art. 32).
Proposta
Alla luce di tutte le osservazioni effettuate finora, sembrano maturi i tempi per modificare integralmente l’attuale art. 31, aggiornandolo ai più recenti principi che richiamano, tra l’altro, gli artt. 2, 13, 32 della Costituzione italiana.
Di seguito la proposta di modifica:
Il consenso informato al trattamento sanitario della persona di minore età o interdetta è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore, tenendo conto della volontà della persona, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità. Questa ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di discernimento, e deve ricevere informazioni adeguate sulle scelte relative alla propria salute. Lo psicologo segnala all’Autorità competente l’opposizione da parte del minore informato e consapevole o di chi ne esercita la responsabilità genitoriale a un trattamento sanitario ritenuto necessario.
Il testo ispiratore è principalmente la recente legge sul biotestamento laddove viene sancito che “Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefìci e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi”.
Si introdurrebbe, così, una sostanziale modifica alla vigente e restrittiva normativa, ponendo al centro del processo decisionale la persona minorenne/interdetta valorizzando la sua capacità di discernimento.
Appare pacifico e implicito che tener conto della volontà della persona minorenne/interdetta non significa necessariamente attribuirle la facoltà di decidere se e come intraprendere un trattamento sanitario, ma prevedere un suo coinvolgimento attivo in tutte le fasi del processo decisionale che porta lo Psicologo, insieme a chi esercita la responsabilità genitoriale o tutore, a rispettare il diritto alla valorizzazione dell’opinione della persona interessata al trattamento sanitario. Nei casi in cui lo Psicologo dovesse acquisire il dissenso da parte di chi esercita la responsabilità genitoriale o dal destinatario “informato e consapevole”, segnalerà la situazione di impedimento al Giudice Tutelare che determinerà come procedere.
In sintesi, l’ultimo comma potrebbe prevedere due possibilità:
Lo psicologo segnala all’Autorità competente l’opposizione da parte del minore informato e consapevole o di chi ne esercita la responsabilità genitoriale a un trattamento sanitario ritenuto necessario.
Consenso esercenti responsabilità genitoriale/Dissenso Minore
Lo Psicologo segnala al Giudice Tutelare il dissenso della persona minorenne, non intraprendendo il trattamento sanitario e attendendo le determinazioni dell’Autorità Giudiziaria.
Dissenso minore/Consenso esercenti responsabilità genitoriale
Lo Psicologo segnala al Giudice Tutelare il dissenso da parte di chi esercita la responsabilità genitoriale, non intraprendendo il trattamento sanitario e attendendo le determinazioni dell’Autorità Giudiziaria.
Ogni trattamento sanitario dunque dovrebbe prevedere l’acquisizione di un consenso/dissenso informato da parte del destinatario e, in caso di dissenso, segnalare il caso al Giudice Tutelare con lo scopo ulteriore di tutelare lo Psicologo, da eventuali responsabilità professionali, nei casi di interventi coatti e necessari.
Conclusioni
In linea con i principi teorici e le riflessioni contenuti nel “Documento sulle prestazioni sanitarie etero-determinate: diritto alla salute e libertà di scelta” relativamente alle “prescrizioni” dei trattamenti sanitari in ambito giudiziario, gli scriventi hanno avvertito il bisogno di proporre una modifica sostanziale all’articolo 31 del C.D. per cambiare la posizione, assolutamente marginale allo stato attuale, della persona minorenne/interdetta sottoposta a trattamento sanitario: da soggetto passivo che subisce, in ogni caso, un’etero-determinazione relativamente alla sua salute, ad un soggetto attivo e informato, che possa avere la possibilità di esprimere la propria opinione sul trattamento sanitario proposto nel rispetto di quanto stabilito dalla Convenzione di Oviedo (art. 6 comma 2): “Quando, secondo la legge, un minore non ha la capacità di dare consenso a un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge. Il parere di un minore è preso in considerazione come un fattore sempre più determinante, in funzione della sua età e del suo grado di maturità”.
Un principio analogo è individuato dalla Convenzione nel successivo comma 3 per le persone maggiorenni afflitte da limitazioni delle proprie capacità di autodeterminarsi: “Allorquando, secondo la legge, un maggiorenne, a causa di un handicap mentale, di una malattia o per un motivo similare, non ha la capacità di dare consenso ad un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge. La persona interessata deve nei limiti del possibile essere associata alla procedura di autorizzazione“.
In definitiva, va comunque rispettata la dignità del soggetto incapace facendolo partecipare alla procedura di autorizzazione. Tale partecipazione avrà un peso determinante in relazione alla effettiva maturità e consapevolezza della persona interessata.
Cosenza, 24 gennaio 2018
Marco Pingitore
Gustavo Sergio

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