A cura di Catello Parmentola

La questione del ‘quando’ del Consenso attanaglia da sempre la riflessione deontologica e non si trova la quadra anche perché non c’è un’esplicazione dirimente in nessuna Sede.
Per evitare che si considerasse temerario anche lo stesso ingresso in Ambulatorio senza Consenso, ci si è riferiti storicamente alla ‘fase iniziale’, con tutti i limiti e le ambiguità di questa espressione.
D’altronde, se una persona ti contatta, ti chiede un incontro e viene da te, è plausibile che almeno quell’incontrarti abbia un suo consenso implicito per quello che viene definito Comportamento Concludente.

Però, quando altri revisori provarono a formalizzare il ‘primo incontro’ senza Consenso, mi sembrò incauto: non c’è nulla che possa succedere al centesimo incontro che non possa succedere anche al primo incontro. Il primo incontro non ha uno statuto formale diverso, una sua diversa codifica tecnica e, quindi, è difficile assegnargli una sua specifica misura giuridica all’interno di un articolato giuridico-formale.
• Tuttavia, ha senso che prima ci si debba conoscere per potersi scegliere.
• Che una volta che ci si è scelti, si concordi il lavoro da fare assieme.
• Che, a quel punto, il lavoro scelto venga illustrato in tutti i suoi termini anche formali.
• In modo che possa essere acquisito un Consenso ben Informato a riguardo.

Il mio pensiero non fa Norma e neanche giurisprudenza, però cerco di essere logico: come si potrebbe acquisire il Consenso per una prestazione se non si sa ancora qual è la prestazione da effettuare non essendosi dati ancora il tempo occorrente a conoscere ‘il caso’ e ciò che abbisogna a quel caso?
Quindi, dal punto di vista logico, è assolutamente plausibile la previsione formale di un percorso sequenziato dell’acquisizione di Consenso.
Anzi, io inserirei anche un momento pregiudiziale al bruto impatto burocratico: quel primissimo passaggio che Ferenczy chiamava ‘termico’: almeno quel primo accesso interpersonale che consenta di scegliersi reciprocamente.

C’è un’espressione che io privilegio perché mi sembra molto precisa: (darsi almeno) il tempo dell’ ‘intercetto della domanda’ se abbiamo timore di riferirci (almeno) al tempo dell’individuazione della migliore risposta da prevedere in quel caso.
Mettiamo il caso dello Sportello Scolastico, istituito proprio ‘anche’ per intercettare quelle domande ‘anche’ urgenti o di ‘soccorso’ del Minore che non possono – per un motivo o per l’altro – ‘passare’ attraverso i genitori.
Come si potrebbe non potere ‘ricevere’ senza passare prima attraverso i genitori?: sarebbe in contraddizione con uno dei sensi dell’istituzione di uno Sportello pensato ‘anche’ per intercettare le domande –‘anche’ vaganti o ‘apparentemente’ estemporanee- dei Minori.

Personalmente, ‘salverei’ –concettualmente- da un impossibile Consenso preventivo almeno l’intercetto della domanda, acquisendo ovviamente il Consenso dei genitori per qualunque risposta professionale si decida di prevedere.
Chiarendo al minore che i genitori sono indispensabili solo ad autorizzare il rapporto ma che questo nulla toglierà ai suoi termini assolutamente riservati: altrimenti non avrebbe senso che il minore venga a parlare con te invece che andare ad ‘aprirsi’ con i genitori laddove ha difficoltà in tal senso.
Insomma cerco di essere deontoLOGICO.

Purtroppo, le misure formali del Consenso hanno ansiosamente prevalso su quelle sostanziali e processuali.
Da quando nessuno sapeva niente di Norme, adesso si è diventati (quasi) tutti più realisti del re.

‘Dimenticando’ che il vertice giuridico è solo uno dei vertici della Deontologia: se ci fosse un’assoluta coincidenza, la Deontologia sarebbe solo un’inutile ridondanza.

La Norma è un perimetro in cui muoversi, perseguendo punti di equilibrio –anche soggettivi- con altri vertici, da quello scientifico a quello etico.
Ed è sempre il Diritto al servizio della Regola, non il contrario.

Ciò detto, il riferimento della 219 ai Trattamenti Sanitari ha domandato due diverse misure deontologiche tra i Trattamenti Sanitari e le altre Prestazioni Professionali.
La recente revisione ha risolto riferendo gli ‘indiscutibili’ termini precettivi della 219 (già di per sé, comunque, più pacati) solo ai Trattamenti Sanitari (artt. 24 e 31), facendo ‘respirare’ per esempio la Psicologia Scolastica di fronte ai suoi grandi e gravosi numeri.
E riferendo i termini di Principio (Costituzionale) del ‘vecchio’ Consenso a tutte le altre Prestazioni Professionali (art. 4).
In questo secondo caso, struttura informativa, modi di acquisizione e modi di documentazione del Consenso possono essere modulati sulle caratteristiche della Prestazione.

Negli artt. 24 e 31 è il Trattamento Sanitario che non può neanche iniziare senza Consenso.
Ma non è plausibile ovviamente che il Trattamento Sanitario inizi nel momento stesso in cui ci si incontra, quando ancora non si sa se ci si sceglie e quale Trattamento debba effettuarsi.

Nell’art. 4 resta il riferimento alla ‘fase iniziale del rapporto professionale’.
Quindi, non leggo nell’articolato del Codice nessun passaggio che ‘impicchi’ all’acquisizione immediata del Consenso già all’ingresso strutturale o all’accesso relazionale.

Le mie sono, tuttavia, solo sequenze logiche di pensiero.
Non si possono prevedere i metabolismi valutativi di ogni singolo Ufficio Giudicante o di ogni singola Commissione Disciplinare.
Non solo su questa frontiera ma anche su molte altre, la Deontologia degli Psicologi è stata fatta più dall’ansia degli psicologi che dai precetti deontologici.

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