Il primo comma del nuovo Articolo 24 recita:
Articolo 24 – Consenso informato sanitario nei confronti di persona adulte capaci
Nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.
L’acquisizione del consenso informato è un atto di specifica ed esclusiva responsabilità della psicologa e dello psicologo.
Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni al contesto e alle condizioni della persona, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazione o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare.
La psicologa e lo psicologo informano la persona interessata in modo comprensibile, completo, e aggiornato sulla finalità e sulla modalità del trattamento sanitario, sull’eventuale diagnosi e prognosi, sui benefici e sugli eventuali rischi, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario.
Finalmente si chiarisce una volta per tutte che è vietato imporre trattamenti sanitari obbligatori contro la volontà delle persone, come nei casi di prescrizioni psico-giudiziarie nei confronti dei genitori separati nelle cause di separazione, divorzio e affidamento dei figli.
Una cattiva prassi in uso in molti Tribunali italiani che impongono – mediante prescrizioni, suggerimenti, inviti – i famigerati “percorsi” di sostegno psicologico e/o psicoterapia nei confronti di uno o entrambi i genitori in causa di separazione.
La conseguenza è un illegittimo trattamento sanitario nei confronti di due persone adulte (genitori) senza alcun metodo scientifico a supporto di tali prescrizioni, ma con la delega totale al Servizio Sanitario Nazionale (Consultori) che invece di occuparsi dei LEA sono oberati e caricati da questi casi giudiziari in aperto spregio del consenso informato e delle più basilari regole della Psicologia.
L’approvazione tramite referendum del nuovo Codice Deontologico avvierà un nuovo processo di cambiamento in cui le Psicologhe e gli Psicologi, tra l’altro, potranno servirsi di uno strumento in più per difendersi da queste illegittime prassi: il nuovo Codice Deontologico.
Approvato il nuovo Codice, avvieremo un (nuovo) tavolo di confronto con la Magistratura.
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Buongiorno, il trattamento è da considerarsi illegittimo anche se il percorso è stato prescritto a seguito di sospensione condizionale della pena?
Faccio riferimento ai condannati per reati afferenti al Codice Rosso inviati presso i CUAV (centro uomini autori di violenza)
Buongiorno,
bella domanda. L’articolo di riferimento è il 165 Codice Penale.
In questi casi, la criticità non è tanto il consenso informato (Art. 24 Codice Deontologico) poiché il condannato dà un implicito consenso già al Tribunale e poi esplicito allo Psicologo che dovrà informare il paziente sul trattamento psicologico proposto.
La criticità rilevante è il precetto dell’art. 26 del Codice Deontologico: lo Psicologo riveste la doppia funzione di cura e di controllo/giudizio. Cioè chi cura il paziente è anche lo stesso soggetto che lo valuta ai fini giudiziari. E’ questa, a mio avviso, la criticità più pregnante.
Rimango a disposizione.
Cordiali saluti.
Marco Pingitore
Buongiorno, oltre il TSO ci sono altri casi previsti dalla legge nei quali si può imporre il trattamento sanitario senza il consenso libero e informato della persona interessata?
No, solo tso